giovedì 2 maggio 2013

Il Carciofo




Il carciofo ha alle sue spalle una storia molto lunga: fu introdotto in Europa nel medioevo quando gli Arabi lo portarono dall' Africa settentrionale in Spagna. Il nome italiano di questa pianta deriva proprio dall’arabo kharshuff. È una pianta perenne, diventata col tempo tipica del Mediterraneo. Ne esistono diverse tipologie, con e senza spine, grosso o allungato, di varie tonalità di verde e violaceo. La parte commestibile della pianta è il fiore. Le coltivazioni del carciofo sono prevalentemente tipiche di alcune zone della penisola, come in Puglia, Lazio, Campania, Sicilia e Toscana.

Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alla produzione in due grandi gruppi:

-          varietà autunnali: vengono generalmente coltivate lungo le coste dell'Italia meridionale, la cui produzione si verifica a cavallo dell'inverno, con inizio ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio. Una buona parte di questa seconda produzione viene destinata all'industria conserviera.

-          varietà primaverili: coltivate nelle aree costiere dell'Italia centro-settentrionale, forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno.

Di seguito vengono elencate le tipologie più diffuse:



  • Spinosi : sono generalmente piu' affusolati di quelli senza spine e sono di un intenso color verde. Il loro sapore deciso li rende ottimi da gustare crudi.


  • Spinoso di Albenga: di forma ovale (particolarmente pregiato).


  • Spinoso Masedu Sardo, di forma conica allungata con foglie grandi e spinose, viene gustato in carpaccio, in insalata o in pinzimonio.


  • Spinoso di Sicilia: ha forma rotonda, è tenero e polposo, ottimo crudo, fritto “alla giudia”.


  • Veneto di Chioggia: è di colore viola chiaro ed è ottimo fritto, lesso o saltato in padella.


  • Violetto di Toscana: ha colore viola e forma affusolata; è ottimo cotto, trifolato, in umido o stufato intero.


  • Non spinosi: hanno una forma rotondeggiante (che li rende perfetti per essere farciti) e particolari sfumature violacee; vengono sempre cotti prima dell'uso ed hanno un sapore intenso e delicato.


  • Violetto di Catania: senza spine, con le foglie violacee, che costituisce i 2/3 della produzione nazionale.


  • Paestum: di forma arrotondata, anch’esso senza spine, con le foglie di colore rosso scuro, divenuto Igp.


  • Romanesco: (detto anche mammola o cimarolo) sferico, grosso, particolarmente morbido e privo di spine con foglie verde-viola, ha poco scarto ed è più adatto per essere cucinato ripieno o “alla giudia”. E’ divenuto Igp.


  • Da non dimenticare il carciofo violetto di S.Erasmo, nella laguna di Venezia. Questo carciofo ha la particolarità di essere molto piccolo e va consumato crudo in insalata.  Non sono molte le coltivazioni degli orti nelle isole della laguna, in quanto non sempre si dispone di appezzamenti da coltivare. Solitamente lo si trova durante il periodo da aprile a giugno esclusivamente in loco.



Qualche curiosità in più…

Il carciofo è ortaggio di alto valore nutritivo, ha un apporto calorico veramente basso ed un enorme contenuto di ferro. Inoltre, contiene sodio, potassio, calcio, fosforo, vitamine (A, B1, B2, C, PP), acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici.

La sua vera risorsa è la cinarina, principio attivo contenuto nelle foglie e nel succo della pianta di sapore amaro che favorisce la diuresi e la secrezione biliare; ma attenzione! questo principio attivo viene annullato dalla cottura.

I carciofi riescono a far abbassare il tasso di colesterolo e trigliceridi nel sangue, migliora la funzionalità epatica, dà una mano all’intestino pigro, e da studi certificati si è visto che la sua azione fortifica il cuore, riduce la fragilità dei capillari, e il suo succo dona vitalità e tonicità alla pelle devitalizzata e foruncolosa.

A casa si possono preparare facilmente tinture e decotti adatti per le disfunzioni epatiche e biliari, contro reumatismi, artrite e gotta. Il decotto è adatto anche per impacchi e lavaggi per la pulizia della pelle del volto.

A causa dell'elevato contenuto di fibre indigeribili e acidi organici può irritare l'intestino dei bambini; conviene evitarne il consumo fino ai tre anni di età. Se ne sconsiglia l'uso anche alle neo mamme (durante l'allattamento) in quanto sembra che inibisca la produzione di latte.

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